L’Arcispedale Santa Maria Nuova: un’architettura urbana

L’attualità di un progetto nato 70 anni fa 


L'Attualità di un progetto nato 70 anni faÉ interessante interrogarsi sul perché, mentre celebriamo cinquant’anni di attività ospedaliera nella nuova sede di viale Risorgimento, abbia ancora senso, a distanza di 70 anni dalla sua progettazione, parlare di questo edificio
Potrebbe sembrare superfluo, soprattutto in un momento in cui vediamo prevalere un’architettura di “intrattenimento”, un’architettura intesa come design ingrandito, valutabile soltanto in base alle sensazioni che provoca. Ma qui stiamo parlando di un’opera che risale a un’epoca in cui l’architettura era ancora concepita per la lunga durata e non secondo il tempo breve del mondo del mercato e soprattutto del consumo. Un mondo in cui l’architettura non parlava per suggestioni ma per ragionamenti.  
Cosa ha da dirci questo progetto in relazione al suo essere ancora in grado di rappresentare il luogo in cui le mutevoli funzioni si sono sviluppate, evolute e continuano a mutare? 
Se il progetto ha saputo rispondere alle esigenze succedutesi in 70 anni, è pensabile che fosse stato concepito secondo finalità altre rispetto alle esigenze funzionali del momento. 
Può aiutare nel ragionamento il primo schizzo del nuovo Ospedale, tracciato a matita da Enea Manfredini nell’estate del 1945 su un piccolissimo brandello di carta di risulta, simbolicamente già segno di una volontà di economia di mezzi tecnici ed espressivi
Da qui è possibile sviluppare alcuni temi che, intrecciati fra loro, connotano il progetto. 
Tema della flessibilità intesa come capacità di adattarsi al mutare delle funzioni e al loro svolgersi e svilupparsi nel tempo. La flessibilità non può essere ottenuta da un contenitore semplicemente privo di vincoli, bensì da un complesso in cui sia presente un’orditura invariante, fatta di nodi e collegamenti verticali e orizzontali opportunamente diversificati, tutti potenziali origini di sviluppi futuri. É all’interno di questo ordito che si può sviluppare una trama di funzioni, anche variabile nel tempo. 
Già nella prima ipotesi progettuale è presente come idea portante, infatti, la diversificazione dei percorsi orizzontali su tre livelli fondamentali
  • livello "0" per i traffici sanitari; 
  • livello "+1" per i pazienti ambulanti e i visitatori; 
  • livello "-1" per i materiali e le reti impiantistiche. 
Diversificazione dei percorsi orizzontali, quindi, come indispensabile premessa di una corretta e coerente diversificazione anche di quelli verticali
Tale schema è rimasto invariato e replicato nei successivi interventi di trasformazione e ampliamento che si sono succeduti nell’arco di 70 anni e che si sono, per questo, mostrati spontaneamente coerenti
 

L’evoluzione del progetto 

Dai nodi invarianti, intersezione dei flussi principali orizzontali e verticali, si sono avuti nel tempo diversi importanti interventi di ampliamento: la Chiesa (1962), i servizi di Radioterapia e Medicina Nucleare (1985), i Poliambulatori (1987), i due successivi progetti di Ampliamento generale (1989) (1992). 
Quest’ultimo in particolare, nella sua versione realizzata, testimonia della replicabilità, pur a distanza di cinquant’anni e con l’utilizzo del più versatile schema a “corpo quintuplo”, di uno schema concettuale basato su corpi paralleli e ravvicinati, uniti da collegamenti principali posti nei baricentri di ogni metà ala, che suddividono pertanto le ali di degenza in quattro blocchi equipesanti. Nel recente ampliamento, a garanzia di massima flessibilità, ognuno dei quattro blocchi è funzionalmente autonomo, grazie all’alternanza fra percorsi verticali dei materiali e delle persone, che garantiscono a ogni blocco la presenza, alle due estremità, dei collegamenti verticali per le diverse categorie di traffico. Lo sviluppo della struttura secondo corpi paralleli in successione è già prefigurazione fisica di un modello per intensità di cure, grazie alla contrapposizione degli ingressi principali in senso trasversale: i pazienti ambulanti e i visitatori dal fronte storico su viale Risorgimento; le emergenze dal fronte opposto, ove è previsto il dipartimento di emergenza. 
  

Metafora dello sviluppo urbano 

La configurazione attuale del complesso ospedaliero è, in un certo senso, metafora dello sviluppo della struttura urbana, soprattutto della città europea che conosciamo, fatta di concatenazione di spazi pubblici e temi collettivi, a formare una sorta di ordito. L’evoluzione della città avviene nel tempo per modificazioni, stratificazioni, sovrascritture, innesti e trapianti nella trama che si è sviluppata all’interno dell’ordito. 
Tema di come un fatto urbano possa avere i caratteri del monumento. I monumenti sono segni della volontà collettiva espressi attraverso i principi dell’architettura, che sembrano porsi come elementi primari, punti fissi della dinamica urbana. Tipico di questi elementi primari è il carattere pubblico e collettivo, dove l’aspetto collettivo sembra costituire l’origine e il fine della città. Nel caso specifico, è il senso della grande scala del disegno iniziale che ha posto le basi dell’instaurarsi di un fatto urbano, un disegno iniziale in cui l’architettura costruita e quella degli spazi verdi formavano gli elementi per la costruzione di un intero paesaggio. Non una scenografia, ma un’autentica volontà e capacità di dominare la grande scala nel confronto fra la natura e la razionalità dell’insediamento. 
 
di Alberto e Giovanni Manfredini 
Studio di Architettura Manfredini – Reggio Emilia
dalla relazione tenuta in occasione del convegno “La Fabbrica dell’Ospedale”, evento inserito nel programma del Cinquantenario del Santa Maria Nuova (27 Marzo 2015 – Sala convegni CREDEM)