L’intolleranza al glutine anche nei soggetti non celiaci

Il Gluten Free Festival di Reggio Emilia è stato una occasione per presentare i risultati degli studi più recenti e invitare alla prudenza 

Alimentazione senza glutineEsiste una forma di intolleranza al glutine anche nei soggetti non celiaci e si manifesta con sintomi non specifici quali gonfiore addominale, alterazione delle funzioni digestive, eruzioni cutanee, prurito e cefalea. 
Ne abbiamo parlato nell’ambito del “Gluten free festival” organizzato dalla sede reggiana della Associazione Italiana Celiachia, svoltosi a Reggio Emilia ai chiostri della Ghiara il 26 e il 27 settembre scorso con il patrocinio dell’Azienda ospedaliera Irccs Santa Maria Nuova. 
Durante la due giorni cui hanno partecipato tanti cittadini e associazioni, abbiamo presentato le conoscenze più aggiornate in merito alla “Sensibilità al glutine non celiaca, in inglese “Gluten sensitivity” abbreviata in GS.
È questo un tema di diffuso interesse e gli studi recenti iniziano a dare le prime risposte.
La sensibilità al glutine presenterebbe delle caratteristiche patogenetiche differenti dalla malattia celiaca; in particolare non si tratterebbe di patologia autoimmune né di alterazione della mucosa duodenale.
Sembrerebbe dimostrabile, invece, un’alterazione della immunità innata successiva ad alcune proprietà direttamente citotossiche delle frazioni proteiche della gliadina. In pratica i pazienti affetti da GS presentano una varietà di sintomi gastrointestinali ed extraintestinali in seguito all’assunzione di glutine senza essere però affetti dalla celiachia. La sintomatologia si confonde spesso con le forme funzionali, altrimenti dette psicosomatiche, gastrointestinali e cioè la dispepsia funzionale e la sindrome dell’intestino irritabile alla base delle quali esiste, secondo l’opinione più accreditata, una componente emotiva, anche se non esclusiva. 
Poiché non esiste un esame o una serie di esami di laboratorio o strumentali per porre correttamente la diagnosi di GS non rimane che una diagnosi fondata sulla esclusione della celiachia, dell’allergia al grano (peraltro molto rara) e sulla risposta alla unica terapia attualmente proponibile e cioè la dieta priva di glutine
Nonostante si pensi che la prevalenza della sensibilità al glutine si aggiri sul 5-10% della popolazione con numeri pertanto decisamente superiori alla prevalenza della celiachia, stimata intorno all’1% in Italia, l’assenza di sicuri marcatori diagnostici ne mette in dubbio la reale esistenza. 
La manifestazione pubblica è stata l’occasione per presentare lo studio Glutox, condotto in collaborazione con l’Università di Milano, al quale la Medicina III e la Gastroenterologia del Santa Maria Nuova collaborano da due anni.
Lo studio si propone di valutare il reale impatto della assunzione del glutine in una popolazione con sospetta GS; ai soggetti in esame viene richiesto di compilare diversi questionari riguardanti la qualità della vita e la somatizzazione (in quanto come detto la GS spesso si confonde con patologie psicosomatiche) e scale VAS (scala visiva analogica del dolore) per valutare l’entità della sintomatologia. Tali questionari vengono compilati sia all’ingresso, sia dopo un mese di dieta priva di glutine; se i pazienti ottengono un miglioramento con la dieta vengono randomizzati a ricevere una settimana di stimolazione con capsule contenenti glutine o riso in un modello cross-over a doppio cieco. I risultati vengono poi analizzati in un centro autonomo. Finora sono stati eseguiti a Reggio circa 25 test con una positività per GS pari al 30%; i risultati preliminari dello studio sono stati presentati a diversi congressi internazionali e sono ora in corso di pubblicazione. 
L’invito alla popolazione è di gestire le informazioni con prudenza e di non iniziare una dieta priva di glutine senza aver prima eseguito esami per la celiachia, aver consultato il medico di base o aver eseguito una valutazione specialistica. La sensibilità al glutine infatti, esiste, ma il suo reale impatto sulla popolazione e sul ruolo nel determinismo delle complesse patologie non organiche del tubo digerente deve ancora essere definito con precisione. 

di Giovanni Fornaciari 
Direttore della Struttura Complessa di Medicina III