5 - Qual è il confine fra ossessione innocua e inizio di un disturbo?

Generalmente chi sta per sviluppare un DCA, l’anno precedente o qualche mese prima, manifesta segnali di disagio che non rientrano ancora in un disturbo specifico, ma che dovrebbero far insospettire chi sta loro vicino.

A volte sono disagi che si intuiscono perché, ad esempio, una persona prima espansiva all’improvviso si fa scura ed ombrosa, o da ottimista che era lascia trasparire pensieri negativi che non fanno intravedere spiragli di luce, o l’ansia per la prestazione diventa incontenibile, o la preoccupazione manifestata per la paura di non piacere o per il timore di non essere ritenuta adeguata porta alla rinuncia o all’evitamento di appuntamenti con i pari.

Chiara una ragazzina di 13 anni, aveva sviluppato una Anoressia Nervosa, che in seguito era evoluta in Anoressia con Condotte di Eliminazione (ovvero la presenza di vomito autoindotto). I suoi genitori non riuscivano proprio a capire come mai fosse accaduta una cosa simile. Dopo un lungo colloquio, essi riportarono in una seduta di counseling familiare che, l’anno precedente al DCA, Chiara aveva passato sul divano a piangere tutta la settimana in cui aveva il menarca. Questo comportamento era durato 12 mesi. I genitori non avevano compreso cosa stesse accadendo dentro Chiara e pensarono che presto si sarebbe abituata alla nuova condizione di “signorina”, ma ciò non accadde, o perlomeno accadde solo in parte. Nel tempo Chiara si dimostrava accettante rispetto alle conseguenze della sua crescita, ma piano piano il disagio e la sofferenza diventarono sempre più visibili. La paura di diventare grande la bloccava in casa, cominciò a rifiutare gli inviti delle sue amiche, il comportamento alimentare restrittivo iniziò a farsi sentire, i chili persi per lei erano una vittoria sul campo, invece che progredire ritornava bambina, il ciclo mestruale finalmente scomparve e le angosce di crescita con esso. Il corpo ritornò ad essere sotto il suo controllo, questo la faceva sentire soddisfatta anche se non poteva dichiararlo apertamente perché i suoi genitori l’avrebbero pensata pazza.  Il peso scendeva, era l’unica delle sue amiche capace di riuscire a non toccare cibo per tutto il giorno fino a sera, si sentiva potente, perfetta, capace dove tante non riuscivano. Il corpo ritornava ad assumere forme infantili conosciute e meno pericolose. Il BMI divenne sempre più disastroso, come la sua ossessione per il vuoto allo stomaco che divenne una necessità sempre più forte; non è così raro che le persone che soffrono di anoressia, apprezzino la sensazione di vuoto allo stomaco.  Alla fine i genitori, insieme al Pediatra, decisero di ricoverarla in ospedale e da lì iniziò il percorso di cura.

Questa storia è l'esempio per mostrare come spesso, prima di sviluppare un DCA, si possano notare alcune difficoltà emotive.  All’inizio non si strutturano ossessioni per il cibo, ma sono presenti ossessioni e paure di inadeguatezza che vengono superate, solo in un momento successivo, con la necessità di diventare perfetti e inappetenti.

I segni che dovrebbero insospettire e che andrebbero indagati, se presenti in maniera massiccia sono:

  • La tendenza a diventare eccessivamente ribelli in adolescenza quando in età infantile si era considerati/e bambine/i bravi, buoni e ubbidienti. Un cambiamento quindi repentino e eccessivo.
  • L’essere così tanto responsabili al punto da rinunciare ai propri impegni per quelli degli altri.
  • La tendenza a evitare gli incontri con i pari in generale, all’esposizione, al rischio di confronto con i coetanei.
  • L'adeguarsi a quello che pensano che gli altri vogliano da loro, rinunciando ai propri bisogni. 
  • Il manifestarsi di una certa difficoltà nel dire di no, ad essere cattive, o meglio esprimere un parere contrario a quello delle persone a loro care (ad esempio da quello dei genitori).
  • Paura del giudizio degli altri, soprattutto da quello dei genitori.
  • Paura di deludere gli altri.
  • La difficoltà a capire cosa sia importante per loro.
  • Il faticare a esprimere una propria opinione, prima che l’altro si sia espresso, come difficile è manifestare i propri sentimenti.
  • La tendenza a non voler sbagliare mai.
  • La difficoltà ad accettare l’errore umano quando tocca a loro, mentre l’essere comprensive quando capita agli altri.

I segnali d’allarme, come capite, non hanno nulla a che vedere col cibo, ma sono collegati a implicazioni emotive e psicologiche di altra natura che variano a secondo dei casi e delle situazioni.

Manuela, una ragazza di 20 anni, figlia unica che aveva sviluppato una grave anoressia e che era arrivata ad un peso corporeo di 11,5 di BMI. Dopo un periodo difficile in cui si era cercato di aiutarla a riprendere peso, i terapeuti sentivano di essere in una situazione di stallo. Il BMI era migliorato, ma non la sua consapevolezza rispetto ai significati emotivi della malattia, né l’insistenza ossessiva dei suoi pensieri sempre uguali. Solo dopo aver convocato tutta la famiglia emerse quanto la ragazza fosse esposta alle tensioni vissute a casa, nel rapporto tra i genitori che entravano in conflitto ed in contrapposizione per qualsiasi situazione. Inoltre anche a scuola, con i compagni si sentiva considerata diversa ed esclusa. Vedere in seduta i genitori affrontare, davanti a lei, il loro rapporto conflittuale, permise di chiarire che volontà stesse sotto alcune affermazioni della madre ad esempio: “io e lui (riferita al marito) non dovevamo sposarci” oppure “lui (il padre) non parla mentre io (la madre) sono espansiva e per il confronto, perciò la pensiamo sempre in modo differente”.  Sentire il padre aprirsi e dichiarare i suoi vissuti di risentimento nei confronti della moglie per le modalità relazionali adottate e di rabbia per il suo non sentirsi accettato, aiutò la ragazza a rasserenarsi e superare le sue profonde paure di trovarsi sola e abbandonata. In una delle sedute emerse, inoltre, quanto la ragazza avesse paura di assomigliare al padre, nutriva il timore di essere vissuta dalla madre come altrettanto deludente e perciò a rischio di abbandono. Quando la madre, a fine giornata, rientrava dal lavoro e lei era in casa col padre, anche se stava studiando, smetteva per fare ciò che stava facendo per fare il giro della casa e controllare che tutto fosse come la madre desiderava, sgridando il padre se si rifiutava di sistemare gli spazi comuni della casa. Il controllo delle calorie attraverso il consumo di solo tre tipi di cibo (zucca, melanzane, finocchi) nasceva dalla necessità di soffocare l’accumulo di tensione emotiva affrontata durante la giornata, dalla paura di essere sovrastata dall’ansia generata dalle situazioni conflittuali. Aveva bisogno di mangiare cose buone e non il clima avvelenato dalle tensioni. Il suo no era espresso in modo simbolico dal controllo assoluto sul cibo propostole dalla madre o dalla nonna. Solo il cibo buono poteva entrare nel suo corpo. L’orientare la sua mente in un mondo fantastico dove lei era apprezzata, stimata e ricercata per le sue forme fisiche, l’aiutava ad allontanarsi dalla realtà deludente e spaventosa. Nella fantasia il rifiuto dei coetanei e l’isolamento erano annientati. Tutti la invidiavano per il suo corpo ossuto, per il suo peso da farfalla, l’identità era stata costruita.

Ultimo aggiornamento: 12/03/24