Rischio familiare ed ereditario per il tumore al seno: il percorso gratuito per valutarlo

Incontriamo Carlo Alberto Mori, Responsabile della Struttura per lo Screening Mammografico

Clicca per aprire l’opuscoloAnche se piuttosto rari, familiarità ed ereditarietà sono per una donna tra i rischi più rilevanti di sviluppare un tumore al seno.

Il percorso che la Regione Emilia-Romagna ha messo a punto per valutare questo rischio si inserisce nella più ampia riorganizzazione dell’accesso alle prestazioni di diagnostica senologica compiuto negli ultimi anni. L’obiettivo del percorso è offrire alla donna la possibilità di valutare e scegliere attentamente, con i medici coinvolti, gli interventi più vicini ai propri bisogni e più adeguati alla situazione.

Incontriamo Carlo Alberto Mori, Responsabile del Programma di  Screening Mammografico Interaziendale.

Tra le donne c’è la percezione che avere in famiglia una persona con tumore della mammella, anche se insorto in età avanzata, aumenti il rischio di andare incontro alla neoplasia. Si tratta di timori fondati?
Il rischio ereditario del tumore alla mammella, in realtà, interessa un numero molto ristretto di donne, circa il 2-3 per mille, quelle che possono avere ereditato da parte dei genitori o di altri parenti una mutazione genetica che fa aumentare di molto la probabilità di sviluppare il tumore della mammella.
Si ragiona su una percentuale davvero molto ristretta che, quando interessa, presenta tuttavia un rischio molto elevato. In questi casi i geni mutati (quelli fino ad oggi conosciuti) sono generalmente due: BRCA1 e BRCA2, ma sicuramente ce ne sono altri non ancora conosciuti, ad esempio nelle donne con criteri di rischio accertati, ma senza la verifica della presenza della mutazione con BRCA 1 o 2.
 
Cosa comporta la presenza della mutazione genetica?
Comporta un rischio di sviluppare il tumore della mammella nel corso della vita che va dal 50 all’85% e che si attesta, in media, intorno al 70%. Questo non significa che il tumore si svilupperà. Dipende, infatti, anche dall’espressività della mutazione, quindi dalla sua potenza.
 
Si associa al rischio di sviluppare altri tipi di tumore?
Sì, la presenza della mutazione genetica comporta un maggiore rischio di sviluppare oltre al tumore della mammella anche un tumore all’ovaio, parliamo quindi di un doppio rischio.

Da qui l’esigenza di individuare quanto più precocemente il rischio eredop-familiare
Infatti, la Regione Emilia-Romagna ha cercato di predisporre un percorso in grado di identificare le donne a rischio, prenderle in carico ed inserirle in un iter clinico multidisciplinare che faccia capo a delle strutture ben individuate, organizzate secondo il modello ’Hub & Spoke’ dell’alta specialità. Le Spoke sono i Centri di Senologia dove si svolge la parte diagnostica, di sorveglianza e controllo, mentre gli Hub sono i Centri di Genetica dove viene confermata e identificata la donna portatrice di rischio genetico.

Da dove inizia il percorso?
La valutazione del profilo di rischio riguarda in particolare donne giovani, a partire dai 25 anni, e comunque di età inferiore ai 60 anni. Inizia da un questionario che raccoglie la storia familiare rispetto al tumore della mammella e dell’ovaio e viene completato nel corso di tre accessi: il medico di famiglia, gli specialisti (ginecologo, senologo, radiologo, chirurgo, oncologo) e il programma di screening.

A chi viene proposto?
Il questionario di verifica della familiarità viene proposto a tutte coloro che accedono allo screening. Su richiesta della donna può essere somministrato dai medici di famiglia e dagli specialisti.

Cosa succede?
Una volta compilato, il questionario dà la possibilità di elaborare un punteggio, attraverso il quale si definisce se la donna deve fare approfondimenti ulteriori o se, al contrario, non presenta rischio aggiuntivo. Attraverso il questionario avviene una fortissima selezione perché circa il 95-97% delle donne risulta senza rischio o con un rischio basso, assimilabile alla popolazione generale: queste donne seguiranno i normali controlli di prevenzione raccomandati dalle linee guida.

E le donne che presentano il rischio?
Il restante 3-5%, che presenta caratteristiche che inducono a sospettare un rischio ereditario, viene inviato al Centro Spoke - che nella nostra provincia è stato individuato nel Centro Senologico di via Monte S.Michele a Reggio Emilia - attraverso una normale richiesta di visita specialistica. Queste visite e tutte le prestazioni del percorso non sono soggette al pagamento del ticket (la Regione ha creato un apposito codice di esenzione per questi casi).
Un colloquio con un oncologo al Centro di Senologia approfondisce l’anamnesi familiare e ridefinisce con maggior precisione il grado di rischio. Se questo risulta elevato, la donna viene inviata al Centro di Genetica - per Reggio individuato nel Centro Oncologico del Policlinico di Modena - dove viene presa in carico dai genetisti. Qui viene svolto un counselling più complesso per delle donne che, ovviamente, hanno un gran bisogno di essere ascoltate e assistite anche dal punto di vista psicologico.
Nel Centro genetico la donna completa, quindi, il ciclo di verifiche; a quel punto, se il sospetto è confermato, il test genetico viene effettuato prima sul familiare affetto e sospetto di avere la mutazione genetica: viene fatto un prelievo per effettuare il complesso test genetico di laboratorio. Se la risposta è positiva la donna viene presa in carico in un percorso clinico multidisciplinare e insieme a lei si cerca di decidere qual è l’intervento migliore da fare”.

Seguono controlli ravvicinati?
Oggi le possibilità sono due: la prima è fare controlli periodici molto vicini - semestrali o annuali - fin dalla giovane età (25 anni l’età di inizio prevista dal programma regionale) con tutti gli esami possibili (quali l’ecografia, la risonanza magnetica, la mammografia) per individuare un eventuale tumore il più precocemente possibile. La seconda è intervenire subito.

Quali interventi sono previsti?
Per ridurre il rischio si presentano due strade: l’intervento chirurgico o quello medico-terapeutico. Stiamo parlando della mastectomia profilattica bilaterale, che riduce il rischio del 95%. Il rischio non può essere eliminato al 100% perché rimangono residui di ghiandola mammaria anche dopo averle asportate entrambe e aver ricostruito le condizioni del seno precedente con protesi ad hoc.
Altra possibilità è la prescrizione di una terapia medica, costituita in sostanza da farmaci antiestrogeni che comportano una riduzione del rischio di circa il 40%, ma che vanno assunti per diversi anni, con effetti collaterali in alcune donne anche molto pesanti.                                                  

La donna viene consigliata nella scelta?
Alla fine la decisione è sempre delle donne, che devono essere bene informate e prese in carico oltre che percepirsi all’interno di un sistema che, in qualche modo, le protegge, le affianca e le aiuta a decidere cosa è meglio per loro. Una donna che ha criteri di rischio confermati, ma risulta negativa al test, viene presa ugualmente in carico e sottoposta a sorveglianza in quanto può avere una mutazione genetica sconosciuta.
 
Per informazioni è possibile chiamare il numero verde del Servizio sanitario regionale 800 033.033, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30, il sabato dalle 8.30 alle 13.30, oppure consultare questo opuscolo.
 
Opuscolo "Familiarità per il tumore della mammella - Informazioni sul percorso di valutazione del rischio familiare o ereditario e su eventuali interventi di diagnosi e cura"