Villino svizzero

L'idea di realizzare piccoli edifici indipendenti per degenti di alta condizione sociale, disposti a pagare una retta cospicua, viene sviluppata per la prima volta sotto la direzione di Carlo Livi (direttore 1873-77). I villini, che avrebbero occupato un'area appartata dal resto dei padiglioni dell'ospedale psichiatrico, erano destinati ai malati più tranquilli. Questa soluzione avrebbe dovuto rassicurare le famiglie più ricche, che altrimenti erano restie a far ricoverare i propri parenti in un ospedale psichiatrico. 
Poco dopo la morte di Carlo Livi viene terminata la costruzione del primo villino, detto pompeiano perché riprendeva nei colori e nella decorazione lo stile delle pitture delle ville di Pompei. Nel 1882 si aggiunse il villino svizzero, come fu chiamato per lo stile da chalet di montagna che caratterizzava l'esterno. Questi padiglioni avevano la struttura di una villetta bifamiliare, a due piati, con appartamenti divisi per ospitare due pazienti (con una persona di servizio). Ogni villino era circondato da un'area verde, che lo separava dal resto dell'ospedale. I giardinieri che curavano questi spazi verdi erano in realtà sorveglianti, incaricati di tenere d'occhio i malati senza che questi se ne accorgessero.
Il progetto di Livi, di creare un villaggio separato all'interno del San Lazzaro, non venne mai realizzato. Forse anche a causa delle rette troppo alte, i villini caddero progressivamente in disuso nel corso del Novecento. Nel 1935 vennero abbattuti il villino pompeiano e inglese; il villino svizzero fu trasformato in alloggio per le suore che prestavano assistenza ai malati e, a metà anni '70, per i padri cappuccini che facevano da cappellani dell'istituto.
 

 

Ultimo aggiornamento: 13/09/24