Epatite C
Cos’e è come si trasmette
Tossicodipendenza ed epatite C
Gravidanza ed epatite C
Infanzia ed epatite C
Quali indagini per la diagnosi ed il controllo
Terapia dell’epatite cronica C
Dieta ed altre indicazioni
Manifestazioni extraepatiche
Cos’è e come si trasmette
Epatite cronica e cirrosi
L’epatite è una infiammazione cronica del fegato che progressivamente viene danneggiato e, negli anni, può andare incontro a sovvertimento completo della sua architettura (cirrosi) che può causare una riduzione della capacità funzionale complessiva, un ostacolo all’afflusso del sangue che può determinare la comparsa di varici esofagee e gastriche e contribuire allo sviluppo del tumore primitivo del fegato (epatocarcinoma).
Il virus dell'epatite C
E’ un virus ad RNA che colpisce prevalentemente il fegato ma non solo (vedi manifestazioni extraepatiche).
E’ un virus ad alta capacità replicativa con frequente insorgenza di mutazioni, causa principale della difficoltà ad allestire un vaccino efficace.
Vi sono 6 varianti virali principali denominate GENOTIPI, definiti con i numeri arabi e suddivisi in sottotipi distinti con lettere minuscole dell’alfabeto (1a, 1b, 1c- 2a, 2b, 2c ecc.). I più frequenti in Italia sono i genotipi 1, 2, 3 ed in misura minore il 4.
Diffusione di HCV
Si stima che l’infezione interessi circa 80 milioni di persone nel mondo, con una prevalenza maggiore nei paesi in via di sviluppo. In Italia la prevalenza di persone affette si stima essere compresa tra 0,74 e 1,7% (circa 297.000- 670.000 soggetti).
Modalità di trasmissione
Le modalità di trasmissione di HCV sono tre:
- Parenterale (modalità principale)
- Sessuale
- Materno-fetale
Trasmissione Parenterale
E’ la via di trasmissione principale, attraverso il sangue.
In passato (in particolare negli anni 50-70) la trasmissione era dovuta a trasfusioni di sangue o suoi derivati infetti, ora evento eccezionale, o a procedure come emodialisi o in corso di interventi chirurgici, se lo strumentario non era monouso o non adeguatamente sterilizzato (eventi rari).
Successivamente è prevalsa la trasmissione nei tossicodipendenti attraverso lo scambio di siringhe e l’uso promiscuo di materiale infetto (vedi tossicodipendenza ed epatite C).
Meno frequenti altre vie di trasmissione parenterale: tatuaggi, piercing, manicure, agopuntura, mesoterapia.
Possibile anche la trasmissione in ambito familiare attraverso la cosiddetta via parenterale inapparente: uso di lamette in comune, di forbici, pinzette ed altri oggetti.
Non esiste, invece, alcun rischio di trasmissione con la saliva, il bacio, le goccioline emesse con la tosse o lo starnuto, il sudore o toccando con le mani una persona infetta. Gli oggetti di uso comune (bicchieri, stoviglie, vasche) non richiedono disinfezione o sterilizzazione.
Trasmissione per via sessuale
La trasmissione per via sessuale è rara ma possibile e il rischio aumenta specialmente in caso di rapporti non protetti con partner multipli, rapporti sessuali anali e in presenza di altre malattie sessualmente trasmesse (es: HIV).
Trasmissione materno-fetale
Esiste un rischio di trasmissione da madre infetta al figlio al momento del parto che si stima dell’1-5%. Un rischio maggiore si osserva nel caso la madre sia sieropositiva per HIV (vedi Gravidanza ed epatite C).
Che sintomi presenta una persona infettata dal virus C?
Solo nel 10% dei casi l’infezione acuta si presenta con un quadro conclamato caratterizzato da ittero (cute e mucose gialle), urine scure, feci chiare ed astenia. Nei restanti casi l’infezione decorre in maniera del tutto asintomatica; nelle fasi avanzate della malattia possono comparire i sintomi legati alla cirrosi epatica (accumulo di liquidi nell’addome, episodi di confusione mentale, comparsa di varici a livello di esofago e di stomaco, che possono dare luogo ad emorragie severe e potenzialmente mortali).
Tossicodipendenza ed Epatite C
Quale è la frequenza di epatite C nei soggetti che fanno uso di droga endovena?
In Europa la prevalenza di epatite C tra i tossicodipendenti attivi è del 40%. I pazienti tossicodipendenti attivi e/o con storia di tossicodipendenza costituiscono da soli i 2/3 dei casi totali di HCV in Europa, e il 52% dei casi totali in Italia.
Il rischio di contrarre l’infezione è particolarmente alto nei primi due anni dell’inizio della tossicodipendenza ma permane per tutta la durata delle pratiche tossicomaniche. Lo screening dell’epatite C deve essere quindi proposto ad ogni persona che fa uso o ha fatto uso di sostanze stupefacenti per via venosa.
Quale è il rischio di trasmissione dell’’epatite C da materiali iniettivi?
La trasmissione dell’HCV legata all’uso di droga endovena si verifica tramite scambio di siringhe, ma anche di materiali da taglio e per la preparazione della droga. Una sola iniezione è sufficiente per trasmettere l’infezione. Per ogni iniezione è quindi necessario utilizzare materiale nuovo.
Vi sono gli altri modi di trasmissione?
La via intranasale espone al rischio di trasmissione se il materiale utilizzato per l’assunzione viene contaminato da sangue.
L’uso di droga endovena espone il soggetto ad altre malattie virali?
Il rischio maggiore è l’acquisizione della infezione da HIV e dell’epatite B (in questo caso se non si è vaccinati). Circa il 20% dei tossicodipendenti con epatite cronica C presentano anche infezione da HIV ed il 5% infezione da virus dell’epatite B. Sia l’infezione da HIV che quella virus dell’epatite B accelerano la progressione della epatite cronica C verso la cirrosi. E’ raccomandabile quindi la vaccinazione contro l’epatite B.
E’ possibile il trattamento dell’epatite cronica C nel tossicodipendente?
Le indicazioni al trattamento antivirale sono le stesse del soggetto non tossicodipendente. Le attuali esperienze riportate in letteratura, compresa quella del nostro Centro, dimostrano che il trattamento è attuabile e determina ottimi risultati se il soggetto con storia di tossicodipendenza è in trattamento sostitutivo (con metadone o buprenorfina) stabilizzato da almeno 6 mesi e la gestione della terapia antivirale è condotta in stretta collaborazione tra infettivologo/epatologo ed il medico tossicologo del SeRD. Brevi ricadute di tossicodipendenza non devono far interrompere la terapia antivirale, mentre la ripresa continuativa della tossicodipendenza si correla all’insuccesso terapeutico, al possibile sviluppo di resistenza ai farmaci antivirali e soprattutto al rischio di reinfezione in quanto una pregressa infezione risoltasi spontaneamente o grazie alle cure farmacologiche non conferisce protezione immunologica.
Gravidanza e Epatite C
E’ obbligatorio lo screening per HCV durante la gravidanza?
Lo screening per HCV –Ab è obbligatorio.
Una donna con epatite C può affrontare una gravidanza?
La gravidanza non aggrava l’epatite cronica C. D’altra parte l’infezione da HCV può influenzare l’outcome della gravidanza con una maggiore incidenza di eventi avversi come parto pretermine, morte intrauterina fetale e ritardo di crescita intrauterina. L’infezione cronica da HCV è stata associata anche a maggiore presentazione di colestasi intraepatica gravidica.
Durante la gravidanza è possibile il trattamento dell’epatite C?
Attualmente non ci sono dati esaustivi su sicurezza ed efficacia dei farmaci antivirali in gravidanza, pertanto il trattamento antivirale non è raccomandato.
E’ necessario il taglio cesareo nelle donne con epatite cronica C?
NO: può essere adottato il parto per via naturale. Ciò non esclude il ricorso al parto cesareo se lo specialista lo riterrà utile per altre ragioni.
Il virus C può essere trasmesso dalla madre al feto?
La trasmissione avviene durante il parto nell’1- 5% dei neonati da madre con dimostrata viremia (positività per HCV-RNA). Il rischio di trasmissione arriva al 20% in caso di confezione HIV della madre, mentre non è modificato dal tipo di parto (cesareo o per via naturale).
La ricerca degli anticorpi verso il virus C nel neonato può risultare positiva fino al 12° mese di vita, ma è generalmente dovuta al passaggio di questi anticorpi dalla madre al figlio e non sta ad indicare che il bambino si è infettato. La diagnosi di infezione nel neonato si effettua tramite la ricerca del virus nel sangue, mediante la determinazione di HCV-RNA.
Nei bambini che si sono infettati con il virus dell’epatite C, l’evoluzione della malattia è di solito benigna e spesso è sufficiente il semplice controllo nel tempo.
È possibile l’allattamento al seno per le madri portatrice di HCV?
La trasmissione del virus con il latte materno non è provata, per cui le donne con epatite cronica C possono allattare al seno.
È possibile la fecondazione assistita in portatori di HCV?
Se uno o tutti e due i componenti della coppia sono affetti da epatite C, l’assistenza alla procreazione deve avvenire in centri specializzati nella presa in carico dei pazienti con rischi di infezioni virali.
Infanzia ed Epatite C
Quali bambini devono essere sottoposti a screening per HCV?
Devono essere sottoposti allo screening per la ricerca di HCV tutti i bambini nati da madri positivi, secondo protocolli ben codificati.
Come si presenta una epatite C nel bambino?
Molto spesso l’epatite C è scoperta casualmente durante esami ematochimici, effettuati a bambini a rischio o nati da madri con epatite C.
I bambini, come gli adulti, non presentano generalmente sintomi. Le transaminasi risultano elevate in 1/3 dei casi. La biopsia epatica non evidenzia danno o evidenzia danno minimo nel 90% dei casi. La cirrosi è un evento estremamente raro.
Come evolve una epatite cronica C nel bambino?
Allo stato attuale delle conoscenze, l’epatite C del bambino si presenta nella maggior parte dei casi come una malattia benigna. La guarigione spontanea si osserva in un terzo dei casi. Per i restanti 2/3 l’evoluzione è cronica. La presenza di copatologie come talassemia, coinfezione con HIV, malattie onco-ematologiche che necessitano di chemioterapia così come l’obesità infantile e il consumo di alcolici in età adolescenziale possono favorire lo sviluppo di fibrosi epatica. Il trattamento con farmaci antivirali è approvato dai 3 anni di età.
Quali indagini da effettuare per la diagnosi di Epatite C
Chi deve effettuare la ricerca degli anticorpi verso il virus C?
Tutti coloro che hanno avuto comportamenti o si sono trovati in situazioni di rischio:
- chi prima del 1992 è stato sottoposto ad intervento chirurgico, è stato ricoverato in terapia intensiva, in neonatologia ed in pediatria per una patologia grave, ha avuto emorragie digestive o un parto difficile, è stato sottoposto a trasfusioni di sangue ed emoderivati.
- Chi fa o ha fatto uso di droghe per via endovenosa o nasale.
- Chi è stato sottoposto o effettua emodialisi.
- Chi è stato trattato con mesoterapia o con agopuntura con aghi non personali e non monouso. Chi si è sottoposto a tatuaggi e piercing.
- Chi convive o ha vissuto con una persona affetta da epatite C.
- I neonati di madri HCV-Ab positive.
- In caso di riscontro di alterazione delle transaminasi.
Ricerca degli anticorpi verso il virus C (HCV-Ab)
La positività sierica degli anticorpi verso il virus dell’epatite C (HCV-Ab) indica che il soggetto è venuto a contatto con il virus, ma non necessariamente che è infetto: l’infezione è infatti definita dalla positività della ricerca diretta del virus (HCV-RNA). La positività di HCV-Ab rimarrà per tutta la vita, anche in chi è guarito spontaneamente o grazie alla terapia antivirale.
Ricerca di HCV-RNA
La positività di HCV RNA indica che il virus è attivo, pertanto il paziente deve essere inviato allo specialista per valutazione dell’epatopatia ed eventuale trattamento.
La negatività della ricerca di HCV-RNA (genoma virale) indica l’avvenuta eliminazione del virus dal sangue e la guarigione dall’infezione.
Al di fuori dei controlli eseguiti per verificare l’efficacia della terapia antivirale, il riscontro di una prima negatività di HCV-RNA in pazienti HCV-Ab positivi andrebbe confermato con una seconda determinazione a distanza di 1-2 mesi.
Una volta confermata la negatività non è necessario ripetere ulteriormente il test salvo in situazioni a rischio di reinfezione (tossicodipendenza attiva, rapporti sessuali non protetti).
Il genotipo virale
Sono state riscontate nel mondo almeno 6 varianti di HCV, definite Genotipi distinti con i numeri arabi e lettere minuscole dell’alfabeto (1a, 1b, 1c- 2a, 2b, 2c ecc.). I più frequenti in Italia sono i genotipi 1, 2 e 3, meno rappresentato il 4. La ricerca del Genotipo va effettuata nei casi di positività di HCV-RNA e può fornire indicazioni per il trattamento o ad esempio la distinzione tra fallimento della terapia ed eventuale reinfezione.
Quale significato attribuire alle transaminasi (AST/ALT o GOT/GPT)
Si tratta di enzimi che vengono rilasciati dal fegato in presenza di danno cellulare. L’elevazione dei valori delle transaminasi correla generalmente con l’entità del danno epatico e la progressione della malattia epatica.
A quali controlli deve sottoporsi un soggetto con epatite C?
Tutti i pazienti con epatite C devono eseguire una ecografia dell’addome superiore ed esami ematochimici (emocromo, funzionalità epatica, renale, elettroforesi proteica).
L’entità della fibrosi epatica può essere valutata mediante metodiche non invasive quali l’elastografia (Fibroscan©) o l’utilizzo di scale di valutazione (APRI score e FIB-4) che combinano dati di laboratorio ed età del paziente. Questi score si sono dimostrati sistemi di valutazione affidabili ed economici, pertanto vengono ampiamente utilizzati nella pratica clinica. Attualmente la biopsia epatica è riservata unicamente a casi dubbi o in cui si sospetti la presenza di una diagnosi eziologica alternativa di danno epatico. Tale indicazione viene valutata caso per caso dallo specialista.
I pazienti devono inoltre effettuare esami sierologici per escludere la presenza di co-infezioni con altri virus epatotropi (HBV, HDV, HIV).
I pazienti sottoposti al trattamento anti HCV che abbiano raggiunto l’eradicazione virale affetti da cirrosi epatica o fibrosi avanzata devono proseguire anche dopo la guarigione un monitoraggio ecografico e laboratoristico a cadenza semestrale come sorveglianza per epatocarcinoma.
I pazienti con fibrosi epatica assente o lieve-moderata che però presentino comorbidità di danno epatico (sindrome metabolica, obesità, steatosi epatica, abuso alcolico, sovraccarico di ferro, autoimmunità, coinfezioni virali) rimangono a rischio di progressione della fibrosi e quindi dovranno proseguire monitoraggio ecografico e laboratoristico annuale dopo l’eradicazione virale.
Terapia dell’Epatite C
Qual è il decorso dell’epatite C?
L’ 80% dei soggetti infettati da HCV sviluppano una epatite cronica, la cui evoluzione varia in rapporto all’età di acquisizione, il sesso, l’assunzione o meno di alcolici e la presenza di infezione da HIV o da HBV. Replicandosi nel fegato, il virus dell’epatite C porta a due tipi fondamentali di danno: da una parte un aumento dell’infiammazione e dall’altra il progressivo accumulo di tessuto fibroso. Quest’ultimo è responsabile, dopo un tempo variabile da 15 a 30 anni, dello sviluppo di cirrosi epatica nel 20-30% dei casi; nel paziente cirrotico il rischio di sviluppare epatocarcinoma è del 1-4%/anno.
Esiste una cura per l’epatite C?
Nel corso degli anni, a partire dalla identificazione del virus dell’epatite C (HCV) avvenuta nel 1989 (i ricercatori che hanno scoperto HCV hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina nel 2020), la cura di questa malattia ha fatto passi da gigante rendendo l’epatite C una infezione guaribile nella stragrande maggioranza dei casi.
Se nei primi anni le probabilità di eradicare l’infezione erano del 30-50% mediante l’utilizzo di terapie della durata fino a 12 mesi e basate sulla combinazione di farmaci male tollerati e con significativi effetti collaterali quali l’interferone peghilato e la ribavirina, dalla fine del 2014 sono disponibili farmaci di nuova generazione chiamati DAA (farmaci antivirali ad azione diretta) con effetti collaterali lievi ed in gran parte trascurabili ed altamente efficaci.
Tali farmaci, suddivisi in tre classi a seconda del punto di attacco del virus, vengono somministrati in combinazioni di due o tre molecole, per os (da una a tre compresse una sola volta al giorno) e per una durata di trattamento di 8 o 12 settimane: l’efficacia è estremamente alta (si ottiene la eliminazione del virus in oltre il 95% dei casi), risultando tra i più potenti farmaci antivirali oggi disponibili.
Nella nostra regione a partire dalla fine del 2014 a fine ottobre 2021 sono stati effettuati 19.450 trattamenti (in tutta Italia nello stesso periodo 229.500 trattamento).
Le combinazioni attualmente disponibili sono 4, di cui 3 efficaci verso tutti i genotipi virali:
- Sofosbuvir-velpatasvir
- Elbasvir-Grazoprevir
- Glecaprevir-Pibrentasvir
- Sofosbuvir-velpatasvir-voxilaprevir
Quale è l’efficacia del trattamento antivirale?
Lo scopo principale della terapia è di ottenere “la risposta virologica sostenuta” (SVR) che indica che il virus non è più rilevabile nel sangue dopo 3-6 mesi dal completamento del trattamento. La risposta virologica sostenuta si osserva in oltre il 95% dei pazienti trattati. In questi pazienti l’infezione può essere considerata eradicata e le complicanze della cirrosi nel lungo termine, in particolare la comparsa di epatocarcinoma, sono ridotte.
I farmaci DDA hanno effetto sul feto o sul neonato in caso di gravidanza?
Mancano dati conclusivi su efficacia e sicurezza dei farmaci antivirali in gravidanza, pertanto il trattamento non è raccomandato.
Quali pazienti vanno sottoposti a trattamento antivirale?
La disponibilità di regimi terapeutici a base di DAA consente di trattare in modo sicuro ed efficace tutti i pazienti con infezione da HCV indipendentemente dall’età, dalle comorbidità e dalla severità della malattia di fegato, pertanto il trattamento deve essere considerato in tutti i pazienti HCV-RNA positivi.
I pazienti che hanno una duplice infezione HCV/HIV possono essere trattati?
Sì. Per questi pazienti la terapia ha una rilevanza ancora maggiore visto che è stato dimostrato che la progressione dell’infezione da HCV è più accelerata in caso di co-infezione con HIV.
I pazienti con cirrosi epatica compensata possono essere trattati?
I pazienti con cirrosi epatica compensata e scompensata, inclusi i pazienti in lista trapianto di fegato, possono essere trattati sotto stretto monitoraggio dello specialista con regimi a base di DAA (esclusi gli inibitori della proteasi).
Trattamento dell’epatite cronica C presso la Struttura di Malattie Infettive di Reggio Emilia
La gestione dei pazienti con epatite cronica viene svolta da una équipe stabile di sanitari, allo scopo di garantire elevati livelli di qualità scientifica delle prestazioni erogate e dialogo nel tempo fra medico e paziente.
I farmaci antivirali sono forniti gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale dietro presentazione di un piano terapeutico da parte dello specialista. La somministrazione dei farmaci avviene ad opera del paziente stesso, a domicilio.
Dieta ed indicazioni generali per il paziente con Epatite C
È necessaria una dieta particolare?
L’unica raccomandazione sul piano alimentare è l’astensione completa dagli alcolici (vino, birra, superalcolici), in quanto l’alcol accelera lo sviluppo della fibrosi epatica e la replicazione virale. Al di fuori dell’alcool non è indicata alcuna limitazione dietetica. Tuttavia, un eccesso di peso è considerato un fattore negativo per la risposta al trattamento antivirale.
Quali norme igieniche/compartamentali deve seguire chi ha una epatite C non guarita?
- Uso individuale di spazzolini da denti, rasoi, pinze da depilazione, taglia unghie, etc;
- depositare oggetti macchiati di sangue (assorbenti, fili dentali, aghi, medicazioni) in contenitori adatti;
- coprire eventuali ferite cutanee, dopo loro disinfezione;
- nel caso di vita sessuale di coppia: se è la donna ad essere infetta, uso del preservativo durante il periodo mestruale o se presenti infezioni o lesioni genitali; se è l’uomo ad essere infetto, uso del preservativo solo se presenti infezioni e ulcere genitali;
- nel caso di partner multipli, uso del preservativo in ogni rapporto, per proteggersi anche da altre infezioni a trasmissione sessuale;
- nel caso di tossicodipendenza: non scambiare siringhe ed altri materiali per la preparazione della droga e non riutilizzare gli aghi;
- informare sempre i medici che vi visitano, i dentisti e gli infermieri che effettuano prelievi ematici.
Si può praticare sport se affetti da epatite C?
Non vi è nessuna controindicazione.
Possono essere praticate vaccinazioni se si è affetti da epatite cronica C?
Oltre alle vaccinazioni obbligatorie sono fortemente consigliate le vaccinazioni contro epatite A ed epatite B. Fortemente raccomandata la la vaccinazione anti- SARS COV 2, in particolare in caso di cirrosi.
Si possono assumere altri farmaci?
E’ sempre necessario consultare lo specialista prima di iniziare qualunque terapia farmacologica durante il trattamento per epatite C, al fine di escludere potenziali interazioni con i farmaci antivirali. Si sconsiglia in corso di trattamento il ricorso a farmaci fitoterapici, integratori alimentari e prodotti di erboristeria in quanto essi albergano un potenziale rischio di tossicità epatica e risultano difficilmente valutabili per quanto riguarda le interazioni.
Manifestazioni extraepatiche da HCV
Crioglobulinemia mista
In un terzo dei pazienti con infezione da HCV è rilevabile la presenza nel sangue di crioglobuline, ma solo nell’1-2% dei casi compaiono manifestazioni cliniche, caratterizzate da astenia, dolori artro-muscolari e petecchie agli arti inferiori, a cui possono associarsi disturbi neurologici tipo formicolii, perdita di sensibilità, dolore urente, perdita di forza agli arti inferiori e danno renale. Le manifestazioni sono dovute alla formazione di immunocomplessi che precipitano a temperature < 37C° (crioglobuline). La connessione con HCV è confermata dalla riduzione dei sintomi nei pazienti che rispondono alla terapia con antivirali.
Patologie tiroidee
Possono riscontrarsi sia ipotiroidismo che ipertiroidismo e tiroidite di Hashimoto. Le manifestazioni sono più frequenti nelle donne
Sindrome di Sjogren o sicca sindrome
E’ caratterizzata da secchezza della bocca e delle congiuntive per atrofia delle ghiandole salivari e lacrimali. Una correlazione tra sicca sindrome e l’infezione da HCV è riportata in percentuali variabili dal 10% al 50% dei casi di epatite C. Sono stati osservati miglioramenti in corso di terapia con antivirali.
Liken planus
E’ caratterizzato dalla presenza di papule multiple bianche o rosse e/o di strie bianche, di solito distribuite in modo simmetrico su guance e lingua, accompagnato a volte da sintomi quali dolore e bruciore.
Glomerulonefriti
Questa forma di patologia renale osservata in corso di infezione da HCV sembra essere secondaria alla presenza di crioglobulinemia mista.
Porfiria cutanea tarda
E’ provocata da un deficit enzimatico (la uroporfobilinogeno-decarbossilasi epatica) e si manifesta con fragilità della cute, con formazione di vescicole e bolle. L’associazione con l’infezione da HCV è stata riscontrata in oltre un terzo dei pazienti affetti da porfiria cutanea tarda.
Processi linforproliferativi
E’ ipotizzata una associazione tra HCV e alcuni linfomi non Hodgkin di tipo B a basso e medio grado di malignità, con interessamento extra-linfonodale, epatosplenico. Il trattamento ha permesso di ottenere in alcuni casi la remissione completa del linfoma, senza dover ricorrere alla chemioterapia.
Tutti i pazienti affetti da malattie linfoproliferative o che devono essere sottoposte a chemioterapia devono effettuare screening per epatite B e C.
Ultimo aggiornamento: 03/03/22