Virus epatitici maggiori

Epatite A

Epatite B

Epatite C

Epatite Delta

Epatite E


 
 

Epatite A

Che cos’è il virus dell’epatite A?

E’ un virus ad RNA, scoperto nel 1973 , che determina danno epatico con  azione citopatica diretta.
 
 

Come si trasmette?

La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è eliminato in grandi quantità con le feci dal soggetto infetto, la cui  contagiosità va da 1 settimana prima ad 1settimana dopo l’inizio dei sintomi, e può contaminare le acque potabili e le coltivazioni. L’infezione si contrae generalmente con l’ingestione di cibi contaminati, in particolare frutti di mare crudi o bevendo acque inquinate. Il virus può essere trasmesso anche durante i rapporti sessuali, sempre secondariamente alla sua eliminazione fecale.
Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato da viaggi in zone con alta endemia, in particolare in zone tropicali. In Italia l’infezione colpisce circa l’85% della popolazione, con focolai epidemici nelle comunità a basso tenore igienico. 
 
 

Come si manifesta l’epatite A?

Il periodo che intercorre tra il momento del contagio e la comparsa dei primi sintomi è di circa 15-60 giorni. Circa il 90% delle infezioni decorrono in modo asintomatico ed i casi di epatite fulminate sono rarissimi. I vasi sintomatici sono caratterizzati da astenia, ittero e febbre.  La guarigione dall’episodio acuto avviene  mediamente in 3 mesi; non vi è  mai  cronicizzazione.

 

Come si effettua la diagnosi di epatite A?

La diagnosi viene fatta mediante la ricerca degli anticorpi di classe IgM specifici contro il virus, che dopo la guarigione, scompaiono. La presenza di anticorpi di classe IgG (HAV-Ab IgG) è indice di infezione passata. Tali anticorpi perdurano per tutta la vita.


 

Come prevenire l’epatite A?

 
Mediante il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie nelle aree a rischio; evitando  di consumare frutti di mare crudi (va tenuto presente che una breve esposizione al calore è sufficiente a far aprire i molluschi, ma non ad eliminare il virus); con la vaccinazione.
Sono disponibili due  vaccini, uno singolo (Havrix), l’altro combinato con quello contro l’epatite B (Twinrix ). Il vaccino è indicato per:
  • persone a rischio, come gli  addetti al settore alimentare
  • viaggiatori internazionali
  • familiari di persone con l’infezione
  • personale di asili ed istituti per anziani ed handicappati
  • tossicodipendenti ed omosessuali
     
La vaccinazione è indicata anche per le persone affette da epatite cronica B e C o da cirrosi, nelle quali una  epatite acuta A potrebbe essere pericolosa.
 
 
 
 

Epatite B

 

Che cos’è il virus dell’epatite B?

Identificato verso la fine degli anni 60, è un virus a DNA, appartenente alla famiglia degli Hepadnavirus. E’ formato da un nucleo (TcoreT) contenente il genoma, e da un involucro esterno (TenvelopeT). Nel core sono identificabili due diversi antigeni, HBcAg e HBeAg, mentre l’antigene di superficie HBsAg fa parte dell’envelope (il significato di questi antigeni è illustrato in seguito).
Il danno sugli epatociti non è provocato direttamente dall’HBV, ma si verifica in seguito alla reazione del sistema immunitario che si attiva nel tentativo di eliminare il virus
 

Come si trasmette?

La trasmissione del virus può avvenire:
  • attraverso il sangue o materiale sanitario contaminato da sangue infetto: tossicodipendenza e.v., emotrasfusioni (attualmente rara), emodializzati, esposizione professionale.
  • per Uvia sessualeU: circa il 60% delle infezioni contratte nei Paesi Occidentali.
  • da madre infetta  a figlio al momento del parto.
     

Quanto è diffusa l’epatite B

Oltre 250 milioni di persone nel mondo sono portatori cronici del virus, con prevalenza differenziata in tre aree: elevata (8-20%)  nel Sud-Est asiatico e in Africa sub-sahariana, intermedia (2-7%) in Europa centrale  e del Sud e bassa  (0,2-2%) in America ed Europa del Nord . In Italia la prevalenza media è stimata del  2%.

 

Come si manifesta l’epatite B?

L’infezione acuta  decorre in modo asintomatico nel 90% dei casi. Può cronicizzare nel  10% dei casi se contratta nella vita adulta e fino al  90% se contratta nel primo anno di vita.
La persistenza dell’infezione può anche non causare danno epatico ("portatore sano") oppure determinare una epatite cronica che può portare alla cirrosi.
 

Come viene diagnosticata una infezione da HBV?

Mediante la ricerca nel sangue dei marcatori virali, costituiti da antigeni (Ag) e da anticorpi (Ab):
  • HBsAg -  è l’antigene di superficie del virus; la sua presenza è indice di infezione persistente: tutte le persone che risultano HBsAg positive vanno  considerate potenzialmente infettanti.
  • HBsAb -  si riscontra dopo la guarigione o la  vaccinazione. La sua presenza indica l’ avvenuta immunizzazione con protezione da ulteriori infezioni.
  • HBcAb-IgM -  si riscontra nelle fasi di attiva replicazione del virus (epatite acuta ed epatite cronica riacutizzata). 
  • HBcAb-IgG – compare in seguito ad’infezione, indipendentemente dal suo esito, e rimane per tutta la vita. La  sua presenza indica solo l’avvenuto contatto con il virus.
  • HBeAg -  la sua presenza indica attiva replicazione virale
  • HBeAb -  è l’anticorpo diretto contro HBeAg; la sua presenza non impedisce l’evoluzione verso la forma cronica.
  • HBV-DNA -  è il genoma del virus  ed è l’indicatore più sensibile della replicazione virale. La sua presenza indica sempre che il virus è attivamente replicante. Per definizione il portatore sano sarà sempre HBV-DNA negativo.
    In base all’assetto dei  marcatori virali, unitamente alla determinazione delle transaminasi, è possibile stabilire lo stato dell’infezione e la presenza o meno di malattia epatica attiva.
     
 

Come è possibile prevenire l’infezione da HBV?

 
Mediante l’applicazione di  misure di carattere generale ed attraverso la vaccinazione.
Un ruolo importante è rivestito dal  controllo dei donatori di sangue.e dalla educazione sanitaria, rivolta ai portatori del virus ed ai soggetti a rischio (operatori sanitari, soggetti con promiscuità sessuale , tossicodipendenti e.v.).
E’ disponibile un vaccino (Engerix B Te TRecombivax HB) sicuro, in quanto ottenuto con tecniche  di ingegneria genetica (DTNA ricombinanteT), efficace ( > 95%) e di basso costo, disponibile anche in  combinazione  con quello contro l’epatite A (Havrix). Dal 1991 la vaccinazione è obbligatoria in Italia per tutti i nuovi nati e per i ragazzi al 12° anno di età ed è raccomandata per:
  • operatori sanitari,
  • soggetti con comportamenti a rischio (tossicodipendenza, sessualità promiscua),
  • conviventi di portatori di HBsAg,
  • ospiti di collettività,
  • viaggiatori che si recano in zone a media o forte endemia di epatite. 
In caso di esposizione accidentale (es. puntura accidentale con ago contaminato) è possibile somministrare immunoglobuline umane specifiche contro l’HBV, entro 2-4 ore dall’esposizione. La protezione fornita dalle immunoglobuline ha una durata di 2-3 settimane.

Quali trattamenti sono attualmente possibili per l’epatite cronica B?

Sono possibili due tipi di trattamento:
  1. Interferone pegilato -  Agisce con un meccanismo antivirale diretto, ma soprattutto inducendo la distruzione degli epatociti infetti da parte del sistema immunitario. Costituisce il trattamento di 1a scelta nel soggetto con positività per HBeAg. Indicatori  di  risposta favorevole sono considerati  una durata  breve di infezione,  valori elevati delle  transaminasi, livelli di HBV-DNA bassi ed un  quadro istologico con  discreta attività. L’interferone peghilato viene somministrato s.c. una volta la settimana, per una durata variabile da 24 a 48 settimane. Determina l’eradicazione permanente del virus, con normalizzazione delle transaminasi, nel 20-40% dei casi. Il trattamento è gravato, peraltro, da importanti effetti collaterali.
  2. Analoghi nucleosidici - Agiscono con un meccanismo antivirale diretto, andandosi a sostituire ai nucleosidi normalmente utilizzati da HBV nella sua replicazione. Non sono, peraltro, in grado di eradicare il virus, che inevitabilmente ricompare alla sospensione dei farmaco. Possono indurre resistenze virali in grado di limitarne o annullarne l’efficacia. Sono somministrati per os e non determinano effetti collaterali rilevanti. 
    Il loro utilizzo è indicato in pazienti con cirrosi epatica in previsione di trapianto epatico e nei pazienti con cirrosi nei quali non sia attuabile o abbia fallito un trattamento con interferone pegilato. Vengono inoltre utilizzati nelle riattivazioni gravi di malattia epatica  nei pazienti immunodepressi (sottoposti a terapia con immunosopressori per patologie ematologiche, reumatologiche etc) e come profilassi nei pazienti ematologici con rischio di riattivazione dell’epatite B. 
    Nella tabella vengono riportati i NA attualmente disponibili in Italia e quelli in fase avanzata di sperimentazione. 
ApprovatiLamivudina
Adefovir
Entecavir
Telbivudina 

In avanzata sperimentazione
Emtricitabina
Tenofovir
Clevudina
 
Lamivudina: è storicamente il primo farmaco ad essere stato utilizzato. E’caratterizzata da una notevole efficacia, ma da  una bassa barriera genetica per cui ceppi virali resistenti al farmaco sono osservati nel 25% dei casi dopo 1 anno e nell’80% dopo 5 anni di terapia. La comparsa di resistenze a lamivudina limita inoltre l’efficacia di altri NA, come Telbivudina ed Entecavir.

Telbivudina: si presenta come valida alternativa alla lamivudina, della quale ha simile struttura, avendo da un lato una migliore efficacia antivirale e dall’altro inducendo un minor comparsa di mutanti resistenti.

Adefovir: è’attivo anche nei confronti dei ceppi virali resistenti a lamividina e pertanto è  indicato nei pazienti intolleranti o con resistenza a lamivudina in sostituzione o in aggiunta a quest’ultima.

Entecavir: è al momento il farmaco con maggiore attività antivirale e più elevata barriera genetica. Nei pazienti mai trattati in passato con NA la percentuale di mutanti resistenti si è dimostrata < 1% dopo tre anni di terapia: tale percentuale raggiunge, peraltro, il 40% nello stesso periodo nei pazienti con ceppi resistenti alla lamivudina.
 
 

Epatite C

Argomento trattato in una scheda a parte
 
  
 
 

Epatite Delta

 

Che cos’e il virus Delta?

Identificato nel 1977 da un gruppo di ricercatori italiani, il virus Delta (HDV)  ha un genoma ad RNA ed è talmente piccolo da  dover  dipendere obbligatoriamente da funzioni biologiche che gli vengono fornite dal virus dell’epatite B. Senza tali funzioni  non è in grado di esercitare la propria azione patogena. Il  rivestimento superficiale di HDV è costituito da HBsAg, che  gli  serve per penetrare e fuoriuscire dalla cellula epatica. Una volta all’interno, il virus delta  è in grado poi di replicarsi in modo autonomo.
Il danno epatocellulare è verosimilmente dovuto ad una azione diretta da parte del virus.

 

Come si trasmette?

 
L’HDV ha una infettività molto elevata. Si trasmette con il sangue allo stesso modo di HBV e HCV. Date le  sue caratteristiche virologiche, può trasmettersi solo contemporaneamente ad HBV  (co-infezione) o infettare persone già portatrici del  virus dell’epatite B (soer infezione). In Italia interessa soprattutto tossicodipendenti e.v. ed immigrati da aree ad alta incidenza (ad es. Europa dell’Est)
 
 

Quali sono le manifestazioni cliniche?

 
L’infezione da HDV solitamente si manifesta con una forma acuta, che può evolvere verso la forma fulminante in una percentuale di casi più elevata rispetto all’epatite B (circa 5% dei casi). Solitamente una sovrainfezione Delta peggiora il decorso di una epatite cronica B, aumentando la possibilità di evoluzione verso la cirrosi.
 
 

Come viene posta la diagnosi?

Si effettua mediante la ricerca degli anticorpi specifici contro il virus: HDV-Ab IgG, che indica infezione preesistente, ed HDV-Ab IgM, che indica infezione in atto o recente. E’ possibile inoltre ricercare l’antigene del virus HDV-Ag, la cui presenza è indice di attiva replicazione virale. Questo antigene è identificabile anche nelle cellule epatiche.
 

E’ attuabile una prevenzione?

Valgono le misure di carattere generale descritte per l’epatite B e C. Non è disponibile un vaccino specifico contro l’HDV; tuttavia, la vaccinazione verso il virus dell’epatite B indirettamente protegge anche dal virus Delta.
 
 
 

Epatite E

 

Che cos’è il virus dell’epatite E?

Identificato nel 1990, è un virus ad RNA appartenente alla famiglia dei Calicivirus.

 

Come si trasmette?

La trasmissione è di tipo oro-fecale, analogamente a quanto avviene per il virus dell’epatite A. La fonte principale di infezione è costituita dall’acqua contaminata. Il virus è attualmente diffuso nei Paesi Asiatici, nell’America Centrale e nell’Africa del Nord; i pochi casi riscontrati in Italia sono tutti d’importazione, riscontrati cioè in soggetti (immigrati e turisti) provenienti da zone a rischio.
 

Quali sono le manifestazioni dell’epatite E?

La forma acuta ha una incubazione di circa 2 - 8 settimane, ed ha un andamento simile a quello della epatite A. Non si ha mai la cronicizzazione dell’infezione, ma è descritta una maggiore frequenza di evoluzione verso la forma fulminante, soprattutto nelle donne gravide.
 
 

Come si effettua la diagnosi? 

Si effettua mediante la ricerca degli anticorpi specifici.
 

Quali misure di prevenzione?

Valgono le norme generali descritte per l’epatite A.
Non esiste un vaccino specifico.
 

Ultimo aggiornamento: 31/08/21