Un'amica ci ha lasciati. Rita Levi Montalcini: un ricordo personale

di Adriana Albini

clicca sull’immagine per ingrandirlaIl 2013 si è aperto con un grande lutto per il mondo della scienza: Si è spenta Rita Levi-Montalcini, una donna e scienziata straordinaria. Era nata a Torino il 22 aprile del 1909 e quest’anno avrebbe compiuto 104 anni; l’amatissima sorella gemella Paola (pittrice e scultrice di successo) morì invece nel settembre del 2000 all’età di 91 anni.
La Montalcini si era laureata in medicina nel 1936 seguendo gli insegnamenti del Professor Giuseppe Levi. Negli anni delle persecuzioni razziali fu costretta a lasciare l’Università e dopo un anno passato a Bruxelles tornò a Torino dove continuò la sua attività in un piccolo laboratorio di neuroembriologia sperimentale allestito in casa sua.

Terminata la guerra durante la quale fu costretta a far ricerca clandestinamente, nel 1947 si recò alla Washington  University di St. Louis (Missouri) dove rimase fino al 1977 come full professor. Individuò e comprese il significato del fattore di crescita neuronale denominato Nerve growth factor (Ngf) e condivise il nobel nel 1986 con un biochimico newyorkese, Stanley Cohen che aveva scoperto il fattore di crescita dell’epitelio Epidermal growth factor (Egf).

La Montalcini fece rientro in Italia a fine anni sessanta e condusse un’intensa attività scientifica, sociale e formativa, dove non cessò per un istante a vivere per la ricerca e per l’incentivazione delle donne, e a dare opportunità alle giovani africane per studiare e realizzarsi. Ha scritto molti libri e saggi.

Ebbi il piacere di frequentarla personalmente e di conversare con lei più volte qualche anno fa.
Le avevo mandato le mie pubblicazioni scientifiche e con mio grande piacere e sorpresa mi telefonò e mi invitò a discutere le mie ricerche andandola a trovare nella sua bella e accogliente casa romana. Andai subito piena di gioia e di entusiasmo, e tornai per un’ulteriore visita. Con il gruppo universitario delle Pari Opportunità la ospitammo a Genova, dove tenne per noi una brillante conferenza in Palazzo Ducale.
Ho un ricordo bellissimo della sua affettuosità, Le parlai più volte dei problemi di noi donne ricercatrici e dei miei, delle difficoltà di affermazione e autonomia ed anche della salute di mio Papà che stava perdendo la vista, come era accaduto a lei.
Ho letto tutti i libri di Rita, molti me li ha regalati con dedica, e ne ho tratto grande insegnamento, ispirazione e consolazione, spesso le sue pagine mi sono di lenimento quando soffro per non poter più avere le risorse di cui avrei bisogno per mantenere i livelli della ricerca che ho condotto per oltre trent’anni, in Germania, in America e in Italia. Penso a quanti sacrifici ha fatto lei, a quante difficoltà ha superato e prego che il suo pensiero mi dia la forza di non arrendermi mai, come non si è mai arresa lei.
Mi invitò alla celebrazione del suo Centesimo compleanno presso l’Istituto Superiore di Sanità dove come sempre tenne un discorso pieno di entusiasmo e freschezza. Tra le parole che pronunciò ricordo queste: “Non esiste il male: lo creiamo noi. L’unico male è non credere nei valori”. Anche in quell’occasione così ufficiale mi chiese dei miei studi e di mio Papà, di come andavano i suoi occhi. Ultracentenaria l’ho incontrata nuovamente al Quirinale con l’AIRC, l’Associazione Italiana sulla Ricerca sul Cancro. Sempre elegante, sobria e distinta, sempre pronta a battersi per i diritti delle persone e dello studio, forte di una giovinezza che mai si è spenta.
Sono stata al suo funerale e mi sono commossa nel profondo. Al passaggio delle sue spoglie mortali un coro di applausi calorosi si è levato da tutti noi. Era il simbolo di quell’Italia bella e pulita che è uscita a testa alta da ogni persecuzione e ingiustizia. Sempre con la capacità di un sorriso.
Cara Rita, mi manchi.

Adriana Albini


Levi-Montalcini R., “Tempo di mutamenti”, ed. Baldini & Castoldi, Milano, 2002

Nonostante che la donna di oggi sia ancora vittima di tanti pregiudizi e di tante realtà violente che la ritengono ancora subordinata, allo stesso tempo sta emergendo una donna forte, decisa ad assumere un proprio ruolo di costruttrice di alternative sociali.
La consapevolezza delle ingiustizie sofferte da innumerevoli generazioni femminili passate, e tuttora in atto nei Paesi emergenti, è un incentivo molto potente ed efficace per stimolare le donne a ottenere quanto è sempre stato loro negato.
Le disparità nei contributi maschili e femminili al progresso della nostra civiltà sono da imputare alle insormontabili difficoltà frapposte dalla società patriarcale.
Il primo e valido rimedio che oggi si impone è quello di impartire lo stesso trattamento e la stessa istruzione agli appartenenti a entrambi i sessi, richiedendo dagli uni e dalle altre prestazioni che si adeguino alle loro inclinazioni, indipendentemente dal sesso.